L’origine del termine “naturopatia” è ancora piuttosto controversa, sebbene l’ipotesi più accreditata sia la derivazione dall’inglese Nature’s Path: il primo ad utilizzarlo fu infatti lo statunitense John Scheel.
Il “sentiero della natura”, dunque, nonostante il suffisso –patia possa legittimamente ricondurre ad un’etimologia greca. Tra le notizie frammentarie e confuse, talvolta neppure sostenute da fonti verificabili, resta comunque indubbio il successo che la disciplina è andata riscontrando con particolare riferimento agli ultimi decenni del secolo scorso.
Per anni la naturopatia è stata osteggiata in ambito scientifico, senza mai riuscire a definirsi in una branca autonoma ed indipendente, a causa di fondamenti definiti poco concreti e metodi ritenuti non dimostrabili.
Eppure, è innegabile il sempre maggior interesse che porta professionisti del settore a studiare e specializzarsi, e pazienti a ricorrere all’approccio olistico dei vari strumenti terapeutici che rientrano nell’ambito della naturopatia.
Il che ha comportato, com’era lecito attendersi, anche una riflessione in merito all’inquadramento normativo e/o legislativo da circostanziare. Una vera e propria tradizione, come quelle sviluppatesi nei paesi anglosassoni, a cui fare riferimento, non esiste in Italia: dove, infatti, come già detto, la naturopatia non è considerata una medicina a sé stante e non fa parte del sistema sanitario nazionale.
A colmare la vacatio legis è intervenuta, soltanto un paio d’anni fa, la legge 4/2013, l’unica a regolamentare le professioni non ordinistiche, tra cui appunto quella del naturopata, in attesa che il Parlamento possa intervenire a colmare la lacuna anche in ambito sanitario.
La legge in questione, datata 14 gennaio 2013, disciplina le “professioni non organizzate in ordini o collegi” definendole libere, fondate sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnico.
Ne estrapoleremo quindi gli aspetti essenziali, senza cadere in tecnicismi che, all’uopo, potranno essere soddisfatti consultando la Gazzetta Ufficiale. Anzitutto, la legge prevede la possibilità di costituirsi in associazioni a carattere professionale. Interessante notare come il legislatore abbia preferito evitare la stipula di un elenco ben definito di professioni, limitandosi alla definizione generica di “professioni non organizzate” contenuta nel titolo.
Gli altri articoli della legge ne regolamentano la pubblicità e gli elementi informativi – al fine di garantire la correttezza e la trasparenza, l’attestazione, la certificazione di conformità, la vigilanza e le sanzioni.
Il provvedimento è entrato ufficialmente in vigore il 10 febbraio 2013, ma anche ad un occhio meno critico appare evidente che le disposizioni sono troppo generiche per poter costituire un corpus legislativo sufficiente a regolamentare discipline così profonde e complesse come la naturopatia. Ma, in generale, le proposte di legge susseguitesi nel tempo hanno focalizzato la loro azione su un quadro normativo di contestualizzazione, che limitasse in ogni caso le finalità d’intervento della naturopatia ad un contesto di educazione e di prevenzione.
Nel resto d’Europa, va sottolineato, la situazione è pressoché identica, fatti salvi i casi già citati dei paesi anglosassoni e dei Paesi Bassi, dove i naturopati sono equiparati ai paramedici fin dal 1997. In generale, tuttavia, il processo di definizione legislativa è ben lungi dal giungere ad una conclusione.
Fonti: Wikipedia, Gazzetta Ufficiale